spogliatemi pure la casa,
le mura abbattetele con arraffate
maliziose e incerte
/istoriate la staccionata
di qualcuno che non vi appagherà,
in color inezia/
ho comprato solamente un tavolo
dove poggiare, di tanto in tanto
le voci che mi chiamano fuori
-da me nulla
si richiede in cambio e
se un angolo, di nuovo
si piega tra l'occhio e la pupilla,
quale posizione dovrei assumere
per non essere annientato,
trapassando come
da fili di pensiero-
per la fine del giorno
avrò informazioni
sul conto del sole
io per primo sarò
l'ombra di niente
e avrò tre, se non
quattro reami da esperire
/dove si abita, quando le distanze
sfasciano l'idea della casa
di schiena_in schiena trascorro
i massi che vòltolano
per le strade, piene di gente come
se fosse sabato,
domenica
giovedì
rosso
fiore
fulmine
luce
/
abitare
può risultare un'abitudine come
non abitare
le copie di tutte le nostre vicende
sono un quadro del quadro
le nostre poesie,
le nostre dita
e sminuendo l'esistenza, bastandosi
della sola testa,
possiamo avere chiaro
come la libertà si associ alle cose,
fluendo oltre qualsiasi restringimento
-qual è il posto in cui si vive,
nel concetto nomade dell'onnicomprensione-