Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.


forum di poesia amatoriale
 
IndicePortaleCercaUltime immaginiRegistratiAccedi

 

 OCCASIONI

Andare in basso 
AutoreMessaggio
Ospite
Ospite




OCCASIONI Empty
MessaggioTitolo: OCCASIONI   OCCASIONI Icon_minitimeSab Giu 06, 2009 2:50 pm

Antonio Capitani 27 anni esce di casa e si incammina sotto una pioggia torrenziale, ha un compito da svolgere, ha in tasca un foglietto di carta piegato in quattro, sul foglietto c'è scritto in bella calligrafia un indirizzo e un numero di cellulare da chiamare finito il lavoro.
La pioggia gli bagna i capelli neri e lunghi, costretti in una coda di cavallo, rende il suo giubbotto di pelle pesantissimo, i suoi jeans della Levis pure, le sue scarpe Sergio Tacchini sono passate da un'amabile color marrone scamosciato a un'orribile marrone misto nero. Arriva al parcheggio dove ha posteggiato la sua Fiat Croma e sale.
Accende l'autoradio, cambia un po' di stazioni finché non incappa in “Roots Bloody Roots” dei Sepoltura. Parte canticchiandola a voce bassa.
Piove che Dio la manda porca puttana, naturalmente tutti stanno a casa al caldo, l'unico disgraziato che deve uscire alle undici di sera è Antonio, naturale, deve lavorare anche se sono due giorni che ha un dolorino al petto.
Il Puma l'ha chiamato da neanche dieci minuti, scriviti sto indirizzo e sto numero, lavoro pulito come al solito, niente stronzate Totò! Passa da me domani mattina.
Milano sotto la pioggia è orribile, sembra ancora più inospitale, grigia color industriale.

Ad Antonio manca la sua Puglia, gli mancano le orecchiette con le cime di rapa che sua madre gli cucinava, l'agnello con le patatine al forno, i carciofi ripieni con la carne e l'uovo, Dio solo sa quanto li ama, la carne trita e l'uovo si mischiano creando una pappa squisita.
Ad Antonio manca il caldo, le gite in macchina fino ad Alberobello, le grandi cene piene di gente, tutti allo stesso tavolo a sfondarsi di cibo e vino, ad Antonio manca persino Mariagrazia la fruttivendola, Totò passa qua che ti do una busta da portare a mamma, dentro ci sono cinque zucchine e quattro pomodori di quelli miei, del campo! A Milano invece tutti sono sospettosi, si mangia all'una spaccato e alla sera alle sette, sette e mezza al massimo, la fruttivendola è una vecchia inacidita che cerca sempre di rifilarti le verdure più secche e striminzite. Si è trasferito da sette anni ormai, a quel tempo tutti dicevano che al Nord c'erano più possibilità, che si trovava più lavoro, che si facevano più soldi. Antonio era arrivato una gelida mattina di Febbraio a Milano, era sceso dal treno, aveva chiesto indicazioni a un signore sui quaranta che gli aveva risposto a monosillabi farciti da profonde occhiate inquisitorie, probabilmente destate dal suo forte accento del Sud. I primi anni sembrava anche andare bene, aveva trovato lavoro come aiuto panettiere in un piccolo forno situato in Via Mazzini e aveva trovato pure la fidanzata, Maria, una ragazza di 23 anni, milanese doc, bionda splendente, occhi grandi e verdi, tutta curve, seno prosperoso e sedere alto. Si erano incontrati alla lavanderia automatica di Via Della Resistenza, avevano cominciato a parlare dopo una decina di incontri casuali, erano usciti a mangiare una pizza, due mesi dopo si erano fidanzati e lui si era trasferito da lei, nel suo appartamentino a due passi dal centro. Tutto andava per il meglio, fino all'arrivo del Puma, Antonio l'aveva incontrato a una festa in discoteca, senza nemmeno accorgersene si era fidato di quell'uomo che gli diceva -Vuoi una mano a pagare la macchina?- o -Hai litigato con Maria? Lascia ci parlo io- o ancora -Il datore di lavoro ti tratta come una merda? Lascia fare ti metti a lavorare con me e vaffanculo al forno-. In poche settimane Antonio Capitani era passato da aiutante panettiere a sicario specializzato.

Sono dieci minuti che gira a vuoto senza trovare quella stra maledettissima via scritta in corsivo sul foglio. Antonio smadonna tenendo il viso attaccato al parabrezza, reso imperscrutabile dalla pioggia quando finalmente la vede, è una piccola laterale imbucata tra due edifici abbandonati, coperti di scritte oscene e cacche di piccione, ci si infila facendo stridere le gomme e parcheggia nel posto riservato ai residenti.
Il portone che ha di fronte presenta il numero 20 mentre lui cerca il 25. Percorre la via in tutta la sua lunghezza e lo trova, preme il campanello con il dito indice tenendo l'altra mano stretta sul petto che continua ad assillarlo, si aggiusta i pantaloni stringendo la cintura di cuoio e attende. Sta cercando un certo Angelo Console, un povero cristo che ha cercato di fregare il Puma.

Il Puma è un uomo di mezza età alto quasi due metri, ha un fisico asciutto e nervoso, due mani grandi come pale per la pizza, perfette per tirare ceffoni. Il suo vero nome è Paolo Rodriguez, originario della Spagna, scappato in Italia seminando i creditori. Si vocifera che il Puma abbia violentato la figlia di un piccolo capo malavitoso del paesino dove stava, si dice che l'abbia quasi strangolata in preda ad un raptus omicida. La verità è ben altra.
Cinque anni prima nei sobborghi di una città a pochi chilometri da Barcellona il Puma si stava facendo i fatti suoi per strada quando aveva adocchiato una bella ragazza mora e, come diceva sempre suo padre: caliente. Aveva deciso di provarci, l'aveva seguita per un po' di giorni capendo le sue abitudini, i suoi ritmi, le compagnie che frequentava. Lei, Carmela De Marchez, l'aveva notato quasi subito ma aveva lasciato fare, si sentiva importante a farsi seguire, a farsi corteggiare tacitamente, non ne poteva più dei soliti fricchettoni che gli morivano dietro, quell'uomo li (aveva scoperto che si chiamava Paolo Rodriguez) l'attraeva, la lusingava con i suoi sguardi. La storia era andata avanti per un po', Carmela aveva fatto suo il Puma, l'aveva addomesticato e cotto a puntino prima di farsi avanti. Erano usciti insieme un venerdì sera, avevano cenato in un ristorantino tipico chiamato Guapa Loca ed erano andati a casa di lui. Presi dalla passione erano finiti a letto, il Puma stava fumando una sigaretta seduto sul davanzale della finestra di casa. Carmela era tranquillamente semi distesa sul letto, coperta solo dalle lenzuola quando erano finiti a parlare dei propri genitori, il Puma aveva descritto nei minimi dettagli sua madre e si accingeva a descrivere il padre quando si era interrotto chiedendo a Carmela il nome del suo. Al suono di “Gabriel De Marchez” il Puma era sbiancato, aveva sentito le palle stringersi e il vomito salirgli in bocca, i sudori freddi l'avevano assalito. Era andato a letto con la figlia del boss del paese, un grassone che si faceva arrivare cocaina pura al cento per cento dalla Colombia e la rivendeva a prezzi esorbitanti a Barcellona e nelle cittadine vicine.
Il Puma aveva invitato Carmela ad andarsene con una scusa campata per aria, la ragazza, mai respinta in vita sua e molto vendicativa era andata via infuriata e, arrivata a casa, aveva inventato una storia assurda al padre molto protettivo con l'intento di distruggere Paolo Rodriguez. Aveva raccontato di aver subito violenza sessuale dall'uomo e di aver rischiato la morte per strangolamento, in questo modo Gabriel, devastato dalla furia, aveva messo sulle tracce del Puma i suoi uomini spingendolo alla fuga in Italia. Da quel giorno Paolo aveva deciso di non voler più donne in vita sua, aveva creato il suo piccolo impero della droga specializzandosi nella coca, imitando l'uomo che tanto l'aveva braccato.

Angelo Console apre la porta di casa e capisce in un attimo il pericolo che corre, davanti a lui c'è Antonio Capitani, un uomo del Puma. Cerca di richiudere con violenza ma un piede chiuso in un mocassino firmato Sergio Tacchini blocca il movimento della porta. Angelo scappa in camera sua e si chiude a chiave dentro, sente i passi pesanti del sicario e si sente sfiorare dalla morte, cerca nel cassetto la sua beretta, la pistola che suo padre gli ha lasciato in custodia anni prima. Sul fondo del cassetto trova i proiettili, carica la pistola e attende, trattiene il respiro e prega Dio, lo prego di salvarlo, promette redenzione e opere di bene ma Dio ha abbandonato da troppo tempo le piccole guerre tra i boss di Milano.

Angelo Console ha 45 anni, è basso e tarchiato, ha il doppio mento e una pancia bella tonda, il petto è coperto di folti peli bianchicci, è pelato ed ha le sopracciglia spesse e quasi unite tra loro. E' un corriere, prende la droga in Colombia e la porta a Milano, per il Puma. E' tornato da due giorni in Italia, ha un carico per il boss ma è successo qualcosa di inaspettato, qualcosa dettato da chi tira le redini dell'esistenza di Angelo, la sfiga. Qualche ora prima dell'incontro con il Puma è stato contattato da un uomo di nome Carlo Brunelli, uno scagnozzo di un altro boss locale, gli è stato offerto il doppio del compenso che gli da di solito il Puma per il carico di coca e si è lasciato convincere, ha appuntamento con Carlo all'una di notte, peccato che già alle nove di sera il Puma sa ogni cosa, peccato che Carlo Brunelli indossi delle scarpe di cemento e giaccia nel fiume Treviglio e ora Antonio Capitani è a casa sua, a pochi centimetri da lui, separati solo da una porta sfondabile con un calcio ben piazzato. Angelo non è diventato corriere per scelta, è stato obbligato dal caso, il cancro si è portato via suo figlio qualche anno prima lasciando Angelo e sua moglie disperati e incapaci di realizzare l'enorme perdita. Lo stipendio di segretario non bastava più per lui e Pina (detta Pinuccia) così si trovò immerso in un giro più grande di lui, sua moglie non sa nulla, i suoi viaggi per ritirare la cocaina sono mascherati da conferenze di lavoro a Roma e i soldi in più a fine mese sono mascherati da una promozione mai ricevuta. Angelo non vuole finire la sua vita in questo modo, non vuole lasciare sua moglie sola e distrutta da una seconda perdita, chi penserà a lei? Non gli è rimasto nessuno, solo l'uomo in canottiera bianca stonfa di sudore che sta in ginocchio accanto alla porta della sua camera da letto reggendo una pistola tra le mani tremanti e sudaticce.

Antonio non può aspettare oltre, ha lasciato il tempo a quel bastardo di raccomandarsi a Dio, prende un bel respiro, estrae dalla tasca interna del giubbotto la sua pistola e sfonda la porta con un calcio. Il proiettile gli entra nella spalla, Antonio vede solo piccole macchie di luce davanti ai suoi occhi e ci mette qualche secondo prima di capire ciò che è successo. Il bastardo aveva una pistola, si era nascosto dietro a una poltrona ed è uscito allo scoperto nello stesso istante in cui Antonio ha sfondato la porta.
Cade in ginocchio e guarda Angelo Console uscire dal retro, correndo a rotta di collo, Antonio si alza gridando dal dolore, si affaccia alla finestra, prende bene la mira e fa fuoco, Angelo Console non sente nulla, il proiettile gli entra nella testa e se lo porta via così, rovina a terra con la testa in una pozzanghera senza nemmeno gridare.
Antonio si distende a letto bianco come un cencio, si sente male, veramente male porca puttana. Con le ultime forze estrae il suo Motorola V320 (l'ha comprato da un marocchino a soli trenta euro) e preme il tasto chiamata, il numero era già stato composto in precedenza. Risponde il Puma.
-Totò allora?-
-Cazzo Puma cazzo mi ha sparato lo stronzo!-
-Come ti ha sparato? L'hai preso? Totò avevo detto niente stronzate l'hai preso?- strepita il Puma al cellulare.
-L'ho preso, l'ho preso. Mandami qualcuno qui che sto male cazzo-
-Tranquillo lascia fare, ti mando il Clown-. Chiude la conversazione con un rumoroso ed eterno click.
Antonio Capitani sviene.
Rinviene disteso su un lettino scadente, accanto c'è il Clown tutto sudato.
-L'hai tolto?- sibila Antonio.
-Sì, mi ci è voluta un'eternità ma ci sono riuscito- fa il Clown esibendo un proiettile insanguinato chiuso nella morsa di una pinza.
Torna in alto Andare in basso
 
OCCASIONI
Torna in alto 
Pagina 1 di 1
 Argomenti simili
-
» OCCASIONI (parte2)

Permessi in questa sezione del forum:Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.
 :: raccontare :: narrazione-
Vai verso: